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IL PROGETTOl’allenamento per essere efficace deve basarsi sulla ripetizione nel tempo di molte esercitazioni. Lo sa bene chi pratica discipline tecniche, che nel tentativo di rendere automatici i movimenti deve ripeterli migliaia di volte durante l’anno. L’eccellenza, lo sappiamo, si raggiunge solo quando si arriva alla padronanza dei movimenti e delle tecniche. La necessità di ripetizione costante delle esercitazioni vale anche per l’aspetto condizionale, perché se si vuole migliorare una qualità occorre sommare grandi quantità di lavoro dello stesso tipo.
Ma come si fa a non annoiarsi?
La risposta è variando spesso l’obiettivo, ma non inteso come sogno da raggiungere per obiettivo in questo caso intendiamo il punto di attenzione che stiamo curando in uno specifico gesto.
Pensiamo che esercizio abbia già in sé un obiettivo per il quale è stato concepito, come dire questo esercizio “serve a…qualcosa”,ma questo è vero solo a livello superficiale. Il bravo allenatore cambia l’obiettivo del mezzo di allenamento variandone il regime di sforzo, e qualche cambiando completamente i punti d’attenzione.
Qualche esempio:
Un primo semplice esempio potrebbe essere lo stretching. Se chiedessimo a dei ragazzi alle prime armi quale sia l’obiettivo dello stretching probabilmente risponderebbero in coro che serve ad allungare i muscoli. Come dar loro torto?
In realtà la stessa cosa può avere obiettivi molto diversi a volte addirittura opposti. Lo stretching fatto in silenzio, ascoltando la respirazione, può essere uno strumento di concentrazione; Fatto invece molleggiando, con movimenti abbastanza energici può essere un modo per attivare il corpo preparandolo a gesti violenti (pensiamo ad un Karateca); fatto dopo un lavoro asimmetrico può avere l’obiettivo di riassetto posturale; inserito dopo un lavoro lattacido può essere uno “strizzamento” dei muscoli per velocizzare il recupero. Ogni obiettivo cambia il regime del lavoro e i punti di attenzione.
Possiamo anche fare un esempio opposto di sollevamento pesi, come lo slancio o lo strappo.
A cosa servono? Allo sviluppo di forza esplosiva. Ma soltanto? Be’ dipende!
Con carichi molto bassi e gran numero di ripetizioni l’impatto sulla forza esplosiva sarà bassissimo e abbinato a recuperi brevi può tranquillamente essere un lavoro di condizionamento organico. Oppure potrebbe diventare un esercizio di allenamento per compensare un punto debole della catena muscolare se tarato nel modo giusto.
Tenendo la mente attiva possiamo trovare in ogni lavoro una varietà di obiettivi e modulazioni per cui ciò che può sembrare monotono, in realtà riesce ad essere sempre diverso e motivante.
Questa può essere una delle chiavi per eccellere. Ogni atleta ha sempre due chance: Vivere un’esperienza monotona focalizzando l’attenzione solo sulla fatica che sta facendo, oppure pensare sempre ad un dettaglio diverso. Anche in un lavoro ciclico come una corsa lunga ad ogni km si può fare un percorso di conoscenza del proprio corpo impareggiabile. Lavorare sul rullaggio del piede a terra, curare la posizione delle spalle che tendono ad alzarsi troppo, o magari cercare di eliminare qualche rigidità che ha trovato nel suo movimento.Tutto invisibile dall’esterno ma che rende ogni allenamento diverso.
L’obiettivo fa la differenza in termini qualitativi ed in termini energetici; crea attivazione e allontana la fatica.
Sarà per questo che quando vediamo le “schede da palestra” o gli allenamenti consegnati su foglietti sintetici già sappiamo che serviranno a ben poco?
Obiettivo, punti di attenzione e il regime di lavoro sono gli elementi per cui lo stesso programma di allenamento gestito da allenatori diversi porta risultati completamente diversi.